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Inoppugnabilità degli atti di determinazione dei tetti di spesa da parte delle strutture sanitarie private accreditate se accettati con “clausola di salvaguardia”


T.A.R. Lazio, Sez. III quater, sentenza n. 8152/2021 (pubblicazione: 09/07/2021)

Presidente Estensore: Riccardo Savoia

"Quanto alle clausole di salvaguardia, questa Sezione ne ha già riconosciuto la piena legittimità […], con la conseguenza che la sottoscrizione delle stesse priva le strutture accreditate della legittimazione a impugnare gli atti di determinazione dei tetti di spesa che le riguardano e con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità delle impugnative eventualmente proposte".

La sentenza in commento trae origine dall’impugnativa di un provvedimento regionale di definizione del budget da destinare alle strutture sanitarie private erogatrici di prestazioni a carico del SSR.


In particolare, parte ricorrente, una struttura sanitaria privata accreditata, domandava l’annullamento di tutti quegli atti che determinavano un inferiore budget di spesa rispetto a quello originariamente assegnato, argomentando: (i) la violazione dell’art. 15, co. 14, D.L. n. 95/2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 135/2012, recante riduzione della spesa per l’acquisto di beni e servizi, in ossequio alle note necessità di spending review dell’epoca; (ii) la violazione dei principi del legittimo affidamento e certezza del diritto, nonché dell’art. 1372 c.c.; (iii) infine, la violazione degli artt. 117, 3 e 41 della Costituzione.


La difesa dell’amministrazione regionale, invece, avanzava eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta sottoscrizione tra le parti, nelle more del giudizio, di apposito accordo contrattuale contenente l’oramai consueta clausola di salvaguardia avente ad oggetto l’accettazione degli atti di determinazione dei tetti di spesa con relativa rinunzia al contenzioso.


Ciò premesso, il T.A.R. Lazio, ribadito l’oramai consolidato indirizzo giurisprudenziale sulla legittimità di siffatte clausole, ed affermata l’inoppugnabilità dei provvedimenti impositivi di limitazioni della spesa sanitaria, è giunto a dichiarare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Più nel dettaglio, il giudicante ha riscontrato nelle clausole di salvaguardia lo schema tipico dell’acquiescenza, essendo espressa – in maniera inequivocabile – la rinuncia, sia sul piano sostanziale che processuale, al diritto di difesa.


La ricorrente, infatti, aveva stipulato un contratto nelle cui clausole era inserita apposita accettazione incondizionata dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe e di ogni altro atto ad essi collegato o presupposto, già adottati e conoscibili, ma anche sopravvenuti, con espressa rinuncia a qualsivoglia azione o impugnazioni.


È stato sottolineato che gli operatori privati – in quanto impegnati insieme alle strutture pubbliche a garantire l’essenziale interesse pubblico alla corretta ed appropriata fornitura del primario servizio della salute – non possono considerarsi estranei ai vincoli oggettivi e agli stati di necessità conseguenti al piano di rientro, al cui rispetto la Regione è obbligata.


D’altronde, si legge sempre nella sentenza, i players che intendono operare “liberamente” nel mercato della sanità pubblica regionale non possono che accettarne anche tutti i limiti, tra i quali rientrano sicuramente le restrizioni finanziarie, essendo in primo luogo la Regione deputata ad assicurare i livelli essenziali di prestazione connessi al diritto alla salute.


Senza mezzi termini e, forse, con un eccesso di zelo, il giudicante arriva addirittura a palesare la fuori uscita dell’operatore economico dal mercato della sanità pubblica qualora, quest’ultimo, non dovesse ritenere soddisfacenti le inevitabili fluttuazioni finanziarie, con espresso invito ad operare direttamente ed esclusivamente come privato nel settore privato, se ritenuto maggiormente conveniente.


A chiosa delle argomentazioni, il T.A.R. Lazio ritorna a ribadire l’importanza del comportamento acquiescente da parte degli operatori economici alle condizioni imposte dal mercato della sanità pubblica regionale, poiché nemmeno la sottoscrizione di eventuali clausole di riserva – che precisano che “i contratti contenenti le clausole di salvaguardia sono sottoscritti al solo fine di non incorrere nella sospensione del rapporto di accreditamento” – sono idonee a scalfire la spontaneità del comportamento acquiescente, dovendo intendersi le dichiarazioni di riserva manifestate in via aggiuntiva come non apposte, in quanto incapaci di impedire la formazione dell’accordo contrattuale.

Precedenti giurisprudenziali:

- Consiglio di Stato, Sez. III, 28 ottobre 2020, n. 6569;

- Consiglio di Stato, Sez. III, 24 settembre 2020, n. 5559;

- Consiglio di Stato, Sez. III, 27 dicembre 2019, n. 8879;

- Consiglio di Stato, Sez. III, 18 gennaio 2018, n. 321;

- T.A.R. Lazio, Sez. III quater, del 2 novembre 2019, n. 7479;

- T.A.R. Lazio, Sez. III quater, del 28 marzo 2019, n. 2075;

- T.A.R. Lazio, Sez. III, del 3 maggio 2018, n. 4968.

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