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Green pass, la teoria socio-politica e giuridico-economica che si cela dietro al certificato verde: il “nudging”, la c.d. “spinta gentile”.


Dal premio nobel alla applicazione pratica. Luci ed ombre della nuova idea di regolazione flessibile.

Green pass, certificato verde, certificato vaccinale sono termini oramai entrati nel lessico comune, ma sono abbastanza sicuro che in molti di Voi ancora non hanno mai sentito parlare della teoria socio-politica e giuridico-economica sulla quale si fonda la nuova misura di politica sanitaria: il “nudging”, la c.d. “spinta gentile”.

Ma, procediamo con ordine.

La teoria del nudge è stata proposta agli inizi degli anni duemila da Thaler (un economista, professore alla Booth School of Business di Chicago, vincitore nel 2017 del premio Nobel per l’economia) e Sunstein (un giurista, professore di legge alla Harvard Law School).

I due autori insoddisfatti dalle classiche teorie economiche e giuridiche fondate esclusivamente sul presupposto che gli esseri umani siano sempre soggetti razionali, hanno proposto un modello di regolazione flessibile fondato sull’idea che gli esseri umani siano soggetti emotivi, potenzialmente influenzabili dal contesto che li circonda.

Gli esseri umani non appartengono alla specie costruita in laboratorio dell'homo oeconomicus per il quale si agisce sempre con la massima razionalità, ma a quella dell'homo sapiens, sono quindi esseri caratterizzati da razionalità limitata.

Con questa nuova prospettiva e a seguito delle ricerche condotte nelle scienze comportamentali, i due studiosi hanno coniugato lo studio del diritto, dell’economia e della psicologia comportamentale, con l’obiettivo di proporre un modello di normazione capace di migliorare l’azione delle istituzioni pubbliche, unendo due concetti diametralmente apposti: il paternalismo e l’autodeterminazione.

Così, in un’unica teoria hanno espresso la connaturale tendenza delle istituzioni ad imporre comportamenti ritenuti migliori (per il singolo individuo e la società nel suo complesso) e il principio di libertà di scelta individuale.

Difatti, i due autori sostengo che gli “architetti delle scelte” (in particolar modo i legislatori) possono influenzare le scelte degli individui in qualunque ambito, portando gli individui a scegliere l’opzione migliore in relazione ai propri interessi, senza però precludere loro la possibilità di scegliere opzioni diverse da quelle suggerite. La c.d. “spinta gentile” è quindi una tecnica utilizzata per orientare le scelte dei cittadini, dei consumatori o degli imprenditori, senza tuttavia che la scelta sia imposta mediante l’adozione di una regola impositiva (hard law), ma sia appunto “suggerita” grazie alla adozione di strategie influenzanti.

Sia nel marketing che nella politica, è possibile alterare il comportamento delle persone in modo prevedibile e indirizzarle verso la scelta desiderata sfruttando l’emotività e l’irrazionalità (es. routine, abitudini, paure) che influiscono sulle scelte finali.

L’approccio alla normazione proposto offre un interessante parametro di confronto e di riflessione a livello nazionale, europeo e internazionale sul nuovo archetipo di regolazione flessibile.

Difatti, la teorizzazione degli studiosi dimostra che esistono tecniche regolatorie, basate sull’analisi delle condotte dei percettori della regolazione (cittadini, consumatori o imprenditori), che risultano efficaci per il fatto di indurre certi comportamenti, invece che imporli con la forza.

Negli ultimi anni la teoria dei nudge ha iniziato ad essere impiegata a livello istituzionale e in particolar modo a livello governativo sino a diventare, oggi, la teoria sulla quale si fonda il green pass.

Tuttavia, prima che probabilmente la teoria fosse stata stravolta o, quantomeno, esasperata con la sua applicazione pratica attraverso la creazione del certificato verde, i primordi della sua sperimentazione trova solide radici nelle esperienze degli Stati Uniti sotto il governo Obama, il quale istituì appositamente l’Office of Information and Regulatory Affairs, ma anche nel Regno Unito sotto il Presidente Cameron che istituì il Behavioural Insight Team (BIT), chiamato anche “Nudge Unit”, ossia gruppi di esperti stabilmente adibite a studiare e sviluppare nuove “spinte gentili” nei confronti dei loro cittadini per migliorare il metodo di amministrazione.

Anche altri paesi hanno cercato di sfruttare questa nuova tecnica per cercare di migliorare e influenzare i comportamenti dei propri cittadini. Tra questi si possono menzionare l’Australia, i Paesi Scandinavi, ma anche paesi più simili ai nostri contesti giuridici come Francia, Germania, Spagna, Belgio e Olanda. Inoltre innumerevoli rapporti sono stati predisposti dalla Commissione Europea (prima fra tutte le istituzioni europee a poter sfruttare maggiormente questa nuova tecnica), dell’OCSE e della Banca Mondiale.

In Italia, è stata istituito un apposito gruppo di esperti presso Palazzo Chigi e a livello parlamentare l’Ufficio Valutazioni Impatto del Senato ha predisposto un apposito studio, inoltre numerosi Comuni hanno adottato tecniche di nudging e di recente anche la Regione Lazio si è avvicinata a questo peculiare nuovo strumento di politica pubblica, istituendo una vera e propria unità di nudging. Infine, da ultimo, il dibattito ha investito anche le Autorità amministrative indipendenti e, in particolar modo, l’Anac e l’ART.

Tuttavia, questa nuova tecnica di strategia influenzante è sempre più spesso adottata anche da imprese e società private. Il nudge marketing, infatti, utilizza le strategie del neuromarketing col tentativo di stimolare delle scelte suggerite sotto forma di migliori possibilità. È stato dimostrato che attraverso cambiamenti di contesto anche minimi i consumatori vengono spinti ad adottare un comportamento conseguente e a prendere decisioni automatiche senza sforzo (c.d. default). La potenza del neuromarketing risiede nel fatto che le emozioni guidano le scelte attraverso il pensiero spontaneo e automatico.

Pertanto, “gli architetti delle scelte” possono incidere non solo sui cittadini, ma anche sui comportamenti degli operatori economici e dei consumatori, in quanto le strategie influenzanti indeboliscono o pregiudicano i loro processi decisionali.

Insomma, non bisogna credere che la teoria sia una esclusiva prerogativa delle istituzioni pubbliche, ma, scoperti i vantaggi economici sottesi alla “spinta gentile”, la teoria si è rivelata un valido sostegno delle politiche di strategia aziendale.

Anche e forse soprattutto alla luce del massiccio utilizzo della teoria attraverso lo strumento del green pass, appare, oggi, più che mai, non solo opportuno, ma direi quantomeno necessario incominciare a studiare la portata e gli effetti delle politiche di “nudging” sia sui mercati che sulle scelte di politica pubblica, focalizzando l’attenzione sulla opportunità di predisporre apposite tutele a favore dei cittadini-consumatori e del libero mercato.

In particolare, sarebbe appropriato procedere con studi e ricerche, anche in un’ottica comparatistica, su come i diversi legislatori si stiano approcciando a questa nuova tecnica di moral suasion, anche al fine di mettere in evidenzia luci e ombre di una tecnica che porta con sé l’insidia della manipolazione e della deriva antidemocratica, in palese contrasto con gli ideali libertari, cardine delle moderne democrazie, giacché la tecnica dei “pungoli” potrebbe rappresentare non solo uno strumento di economia comportamentale per incidere sulle “libere” scelte dei cittadini-utenti, ma forse e soprattutto, potrebbe costituire uno strumento per orientare i mercati verso fini predeterminati.

In questa veste, forte potrebbe risultare la tentazione statale nell’orientare la libera iniziativa economica per scopi - i fini politici - ritenuti di maggiore interesse per il paese e per i mercati. In una società sempre più globalizzata, la mancanza di coordinamento e di prospettive condivise tra gli attori pubblici e privati, tra istituzioni, enti ed organizzazioni nazionali ed internazionali, potrebbe incidere negativamente sulla affermazione dei diritti del cittadino-consumatore e dei principi del libero mercato. Per tale via, potrebbero essere messi a dura prova i pilastri dell’ordine precostituito, ossia i principi dell’autodeterminazione, della libera iniziativa economica, della libera concorrenza, della parità di trattamento, della imparzialità e neutralità degli enti regolatori.

Inoltre, i “pungoli” sono un fondamentale strumento di strategia aziendale adottato sempre più spesso anche dalle singole imprese private. In tale prospettiva, gli studi e le ricerche dovrebbero essere orientati ad indagare quali interventi sarebbero opportuni da adottare, da parte dei legislatori, per tutelare i consumatori e, in generale, il mercato. Quali sono i confini di liceità di tali comportamenti? Come potrebbero essere regolati in modo ottimale i contratti? D’altronde il nudging potrebbe essere facilmente utilizzato sia come strumento anticoncorrenziale che per manipolare il consumatore. Si pensi alla nuova tematica dell’“ambush marketing”, le c.d. “imboscate pubblicitarie” che, ancorché in punta di piedi, hanno trovato di recente riscontro nella giurisprudenza nazionale.

Le problematiche dovrebbero essere studiate anche tenendo conto dell’attuale era dei big data e degli algoritmi, soprattutto con particolare riferimento alla componente subliminale di ”anticipatory computing”, ossia la capacità della tecnologia di anticipare il futuro, oltre che di raccogliere e ordinare presente e passato. Difatti, la nuova frontiere tecnologica interessa non più solo le politiche commerciali delle società private ma, definitivamente consacrata l’epoca della amministrazione digitale, anche le politiche pubbliche di intervento nell’economia.

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